Parole Rubate   Purloined Letters
   
     

 

 

Il saggio si concentra sulle argomentazioni antimachiavelliane sviluppate da Matteo Bandello in Novelle, III, 55, con riferimento particolare alla sententia “non esser mala cosa a saper il male, ma bene essere degno d’eterno biasimo chi il male mette in opera”. Prese in analisi le diverse occorrenze della massima all’interno della raccolta e la tradizione scolastica, omiletica e dittatoria nella quale la gnome va inscritta, lo studio riconsidera le nozioni di ‘tristizia’ e di ‘male’ nei Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, nel tentativo di chiarire tutti i risvolti polemici della requisitoria e della contestuale apologia dei predicatori affidate alle parole del narratore Francesco Torre.

 

 

 

This essay examines Matteo Bandello’s arguments against Machiavelli in Novelle, III, 55. Concentrating on the sententia “non esser mala cosa a saper il male, ma bene essere degno d’eterno biasimo chi il male mette in opera”, this article analyses it in Bandello’s work, as well as in the scholastic and homiletic traditions. It reconsiders the notions of ‘tristizia’ and ‘male’ in Machiavelli’s Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio and attempts to throw light on all the polemic aspects both in the reprimand and in the preachers’ apology, as narrated by the storyteller, Francesco Torre.

 

 

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