Parole Rubate   Purloined Letters
   
     

 

 

Si è soliti cercare le citazioni esclusivamente nei documenti scritti. Ma le parole possono anche essere prelevate dal flusso delle conversazioni, degli scambi orali, per definizione, almeno per i tempi antichi, non registrati. Tale ci pare essere il caso per i due giganti del Trecento, Petrarca e Boccaccio, negli scritti dei quali, accanto alla traccia delle produzioni dell'uno in quelle dell'altro, sembra sovrapporsi quella degli incontri fisici, da quello del 1350 a Firenze fino all'ultimo dell'estate del 1368 a Padova. E più particolarmente intorno a quella che è la loro grande preoccupazione comune, vale a dire il valore e la funzione della poesia, che entrambi intendono difendere contro i detrattori. I piccoli furti che si ha l'impressione di poter ravvisare sfociano nella costruzione di niente di meno che un nuovo paradigma ermeneutico, paradigma di cui siamo ancora forse i lontani eredi.

 


 
Although we usually look for quotations in written texts, it is also worth considering that words can be 'stolen' from the conversational flux, from those oral exchanges which, at least in antiquity, were not recorded. This seems to be the case of two of the greatest fourteenth-century writers, Petrarch and Boccaccio. Their works, in which they quote from each other, seem also to trace their physical encounters, from the first in 1350 in Florence to the last in the summer of 1368 in Padua. More precisely, Petrarch and Boccaccio share a concern about the value and function of poetry, a genre they wanted to defend against detractors. The small literary thefts which may be identified result in the construction of no less than a new hermeneutic paradigm, of which we are still, perhaps, the distant heirs.

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